Inquadriamo la questione.
Come ebbe origine la vita sulla Terra? Per tentare di rispondere a questa domanda è stato sparso più sangue - sia in senso metaforico che letterale - che per rispondere a qualsiasi altro interrogativo scientifico e religioso. Come mai?
Perché la risposta a tale domanda ci rivelerebbe il senso più profondo di ciò che siamo e di ciò che ci circonda, e demolirebbe una volta per tutte il groviglio spinoso di teorie e credenze che ha causato lo spargimento di sangue di cui sopra.
Attualmente esistono appena due spiegazioni socialmente accettabili in merito a come la vita potrebbe essersi sviluppata sulla Terra. La scienza è convinta che il fenomeno abbia avuto luogo con modalità del tutto naturali ed endogene, attraverso una combinazione di elementi già presenti sul pianeta, senza alcun intervento attuato da una fonte esterna, sia essa divina o extraterrestre. La religione afferma con pari fervore che la vita sia stata plasmata da un Creatore divino chiamato con nomi diversi a seconda delle aree geografiche e culturali.
Tra questi due punti di vista diametralmente opposti non esiste sovrapposizione, nessun terreno comune che possa in qualche modo conciliarle. Ciascuno considera la propria posizione esaustiva e corretta e l'altrui posizione totalmente errata, certezze rafforzate dal fatto che entrambe le visioni prestano il fianco alle critiche per via di diverse illogicità (scienza) e diversi concetti dogmatici ed indimostrabili (religione).
La scienza sottolinea - dati schiaccianti alla mano - che la vita non avrebbe mai potuto svilupparsi sul pianeta entro il limitato arco temporale delineato nel racconto biblico. Naturalmente, le persone di fede sono poco toccate da simili argomentazioni logiche. La fede richiede di accettare il racconto biblico, non importa quanto dissonante possa apparire dalla realtà. D'altro canto i sostenitori del creazionismo possono affermare a ragion veduta che non esista uno straccio di prova tangibile a supporto della ipotesi scientifica secondo cui nel lungo termine una specie sia in grado di trasmutarsi in un'altra specie grazie ad una successione di mutazioni genetiche positive. Tale ipotesi costituisce il fondamento della teoria dell'evoluzione incrementale di Charles Darwin, anche detta 'gradualismo.'
Nei primi anni del Diciannovesimo secolo Darwin visitò le isole Galapagos e notò come alcune specie animali stanziate nell'arcipelago avessero sviluppato peculiarità distinte, rispetto agli esemplari della stessa specie viventi altrove. Il becco dei fringuelli era diverso da quello di un fringuello comune in Inghilterra, in quanto si era modificato per consentire al piccolo volatile di nutrirsi di frutta, insetti e semi. Anche i gusci delle tartarughe erano diversi rispetto a quelli di altre razze note di tartarughe, anche ciò a seguito di una mutazione genetica causata dalle condizioni ambientali.
Come ben si vede, si trattava di modificazioni sopravvenute all'interno di uno stesso ceppo genetico. I fringuelli erano comunque rimasti fringuelli e le tartarughe erano rimaste tartarughe, tuttavia la scoperta di tali mutazioni circoscritte indusse Darwin a ipotizzare che in un arco di tempo abbastanza lungo un organismo sarebbe potuto diventare un altro organismo del tutto distinto dal primo. Voila! Dopo una gestazione di quasi tre decenni nel 1859 vide la luce il gradualismo, con la pubblicazione del celebre testo L'Origine delle Specie.
Da quel giorno Darwin e la sua opera divennero temi di intenso, astioso dibattito tra scienza e religione. Come una sorta di sistema politico bipartitico i cui membri vivano per screditare i concetti dell'avversario, senza che in realtà alcuna delle due parti sappia davvero di cosa diavolo stia parlando.
Tra quelli che assistono dal di fuori a questa assurda contesa vi è chi ritiene che entrambe le fazioni abbiano ugualmente torto, e che sia necessario trovare una terza spiegazione. Ma niente da fare: in questo clima basato sulla emotività e la faziosità quasi tutti sono obbligati a scegliere tra una di queste due visioni. Tale è il pedaggio psicologico che ci tocca pagare per via dell'atteggiamento intransigente assunto dalle due parti.
I dati certi sono dati certi.
Le persone dotate di fede sono impermeabili agli argomenti basati sui fatti, quindi non si pongono il problema di intavolare discussioni oggettive su come la vita possa essersi sviluppata sulla Terra.
Quindi, se chi legge ha una visione del mondo basata sulla rivelazione divina, si fermi qui e passi pure ad occuparsi d'altro, perché ciò che sta per leggere non gli piacerà. Allo stesso modo è avvertito chiunque riponga una fede cieca nei postulati della dottrina scientifica dominante. Come i fatti evidenziano, e come abbiamo osservato in precedenza, nessuna delle due parti in questo sistema bipartitico ha la minima idea di ciò di cui sta parlando.
Coloro che ritengono che la vita sia nata spontaneamente dalla combinazione di una massa di elementi inorganici sono denominati 'darwinisti.' Condizione necessaria affinché negli oceani prebiotici una massa di elementi chimici inorganici si legassero in molecole complesse, secondo i darwinisti fu il raggiungimento di un certo livello di raffreddamento delle temperature. Si tratta di una deduzione logica, nel senso che - al contrario - chiunque abbia mai preso in mano un libro di chimica del liceo sa che tra i sistemi migliori per disgregare i composti chimici vi sia quello di sottoporli a calore. Di conseguenza, i darwinisti hanno postulato che la prima scintilla di vita non possa che essersi sviluppata nel momento in cui la temperatura delle acque planetarie raggiunse una adeguata freschezza, all'incirca 2,5 miliardi di anni fa. A quel punto esisteva già un abbozzo di mari e terre emerse.
Alla fine, la teoria darwinista secondo cui la vita sia nata spontaneamente circa 2,5 miliardi di anni fa senza alcun intervento esterno, divino o extraterrestre, riscosse un enorme consenso nella ortodossia scientifica. Queste ipotesi furono insegnate in tutto il mondo con un fervore da fare invidia ai fondamentalisti religiosi. E furono presentate sotto forma di dati certi, dal momento che con la scienza questo è ciò che accade inevitabilmente: ci si accorda tra varie correnti sulla validità di una serie di ipotesi circa argomenti di cui in realtà non si possiede padronanza, e da quel momento tali ipotesi si trasformano in dogmi e vengono insegnate come dati certi fino a quando un nuovo 'dato certo' non giunge puntualmente a confutarle.
A volte tale mutuo accordo sui 'dati certi' ha vita breve (l'ipotesi di Isaac Newton che la velocità della luce fosse una misura relativa durò solo 200 anni); altre volte resiste come un cirripede che zampetta sulla nostra consapevolezza.
Anche l'ipotesi della origine della vita causata dell'abbassamento delle temperature fu smentito da una serie di scoperte risalenti alla seconda metà del secolo scorso che appurarono che l'evento sia in realtà da datarsi in una era molto più antica, cioè 4,5 miliardi anni fa, subito dopo che i proto-pianeti assunsero la morfologia e le posizioni astronomiche attuali.
Mi riferisco in primo luogo al rinvenimento in Australia di stromatoliti fossili risalenti a 3,6 miliardi di anni fa. Tale scoperta ha rappresentato un gigantesco smacco per i darwinisti, dal momento che a quel tempo la proto-Terra altro non era che un ribollente calderone di lava e vapore; in altre parole, quanto di più lontano da un incubatore biologico possa esistere. Insomma, ecco che alle prime analisi più approfondite Charles Darwin diventò, come si dice al sud, uno schizzato.
Il limbo perduto.
I fossili di stromatoliti scoperti in Australia derivavano dai cadaveri di miliardi di batteri procarioti, ad oggi la più antica forma di vita rinvenuta sul pianeta in forma fossile, oltre che di gran lunga la più semplice, dato che il loro DNA non contiene nucleo.
Eppure i procarioti non sono organismi semplici. Sono decine di volte più complessi di un tipico virus, con centinaia di basi di DNA al posto delle 5-10 che caratterizzano i virus più semplici. Quindi è chiaro che i procarioti sono creature di gran lunga più sofisticate di quella che si suppone sia stata la prima forma di vita auto-animata apparsa sul pianeta.
(A proposito, i virus non figurano in questo scenario perché non sono tecnicamente 'vivi' in senso classico. Essere vivi significa possedere la capacità di nutrirsi senza 'intermediazioni', trasformare quel nutrimento in energia, espellere i rifiuti e riprodursi indefinitamente. Il virus invece per vivere necessita di un ospite vivente, sebbene abbia la capacità di riprodursi se localizzato in ambiente idoneo).
Inutile dire che la scoperta dei fossili di procarioti risalenti a 3,6 miliardi di anni fa indispose non poco gli scienziati che avevano concordato la versione precedente. Tuttavia, trattandosi di ambienti e personaggi ormai abituati ad essere smentiti, questi reagirono alla cosa senza panico o grosse rivoluzioni.
Si limitarono ad accordarsi per oscurare la scoperta e continuare a professare la vecchia teoria, proprio come se nulla fosse cambiato. Infatti nulla cambiò. Nessun libro di testo fu modificato sulla scorta delle nuove valutazioni. I docenti continuarono a insegnare la teoria della animazione spontanea come si era fatto per decenni. Le stromatoliti furono impacchettate e confinate nel limbo inquietante in cui giacciono tutti gli ooparts (out-of-place artifacts - v. correlati).
Sembrava fatta, quando nel 1980 ecco giungere un nuovo attentato alla loro amata teoria. Un biologo di nome Carl Woese scoprì non solo che la vita sulla Terra sotto forma di procarioti risalisse a circa 4,0 miliardi di anni fa, ma che di questi esseri vi fossero più tipi! Woese scoprì che ciò che era stato sempre considerato una singola creatura fossero in realtà due distinti esseri, che battezzò archeo-batteri e veri-batteri.
Tale inattesa, sorprendente scoperta fugò ogni dubbio, dimostrando che le prime forme di vita sulla Terra non siano state frutto di un processo evolutivo. Infatti la scoperta fu accolta con lo stesso assordante silenzio di quella delle stromatoliti. Provate a nominare le stromatoliti o i procarioti ad un qualsiasi docente di biologia e otterrete in cambio una espressione perplessa. Reazione dovuta al fatto che si tratta di dati sconosciuti, occultati, in quanto non adattabili al paradigma sposato dallo establishment, costruito intorno al gradualismo di Charles Darwin.
nonseguo nè la Bibbia nè la Scienza sull'origine della vita ma penso che la cellula vegetale e animale non può essersi assemblata da sola ha un diametro da 10 a 30 micron ed è un capolavoro di bio-ingegneria
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