
Le argille furono necessarie per:
• concentrare i prodotti presenti nel brodo caldo primordiale o per proteggere il DNA giunto sul pianeta dallo spazio;
• proteggere le strutture genetiche dalla distruzione operata dalle radiazioni UV e X;.
• catalizzare la polimerizzazione di nuovi composti fino a ottenere molecole più complesse;
• garantire al DNA il mantenimento della capacità di trasformare cellule batteriche.
La scienza moderna ha verificato che i complessi DNA argilla sono resistenti all’attacco delle nucleasi e non perdono le loro potenzialità genetiche; il DNA assorbito può essere inglobato da nuove cellule. Questo tipo di scambio genetico può riguardare DNA extracellulare di tipo omologo, cioè proveniente da cellule della stessa specie di quella competente, o DNA non-omologo, proveniente da altre specie, incluse quelle vegetali.
La scienza utilizza inoltre i complessi argilla-DNA come stampo per la reazione “random” di amplificazione (RAPD) e ha rilevato le proprietà catalizzatrici nei processi di combinazione e ricombinazione dell’RNA.
Non ci occupiamo qui di genetica, ma quanto sopra è sufficiente per comprendere come il rapporto sostanziale presente nel termine accadico Tiit – reso in ebraico con [afàr] – tra argilla e “ciò che contiene l’essenza” può avere una valenza precisa e contenere la memoria di una conoscenza che nel passato si possedeva e che ora è stata recuperata dalle moderne scienze biologiche e genetiche.
Chi desiderasse approfondire il tema può semplicemente digitare le parole chiave “DNA argilla” o “DNA clay” su un motore di ricerca in Rete e troverà una vastissima documentazione.
di Mauro BiglinoTratto da “Il Dio alieno della Bibbia”, Uno Editori
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