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mercoledì 29 agosto 2012
Situazione Groelandia
“Sterminati eserciti di iceberg che si staccano dalla Groenlandia e si sciolgono man mano che scendono verso Sud”, facendo inesorabilmente alzare il livello degli oceani fino a sommergere le città costiere e costringendo l'uomo a sopravvivere in spazi più ridotti (e resi inospitali dalla desertificazione). Non è una scena da “The Day After” o da una versione ambientalista di “Star War”, ma un’immagine di Jim Hansen, il maggiore esperto di clima della Nasa, che i responsabili dell'Agenzia spaziale degli Stati Uniti hanno inutilmente cercato di zittire.
Hansen commenta così, sul britannico “The Independent”, la notizia che ricercatori che studiano gli effetti del riscaldamento globale del clima terrestre sui ghiacciai della Groenlandia hanno constatato che, nell'ultimo decennio, la loro “velocità di fusione” nell'Oceano Atlantico è aumentata, provocando un innalzamento del livello delle acque.
L'accelerazione, riscontrata nella Groenlandia meridionale, non è di poco conto: secondo Eric Rignot del Jet Propulsion Laboratory della Nasa, a Pasadena, i ghiacci groenlandesi si sciolgono nell'oceano a una velocità più che doppia rispetto a dieci anni fa. Quanto basta a causare il 17% del rialzo del livello dell'acqua intorno al globo, che è di circa due millimetri e mezzo l'anno.
Rignot è l'autore dello studio con Pannir Kanagaratnam, dell'Università del Kansas: i due hanno presentato a un convegno scientifico a St. Louis la scorsa settimana il loro lavoro, che è stato pubblicato su Science. Per i due scienziati, non c'è dubbio che l'aumento della temperatura dell'aria in superficie sia all'origine dell'accelerazione nello scioglimento dei ghiacci, che avanzano ora verso l'oceano a una velocità di quasi 14 chilometri l'anno, contro quella di neppure 12,5 chilometri l'anno dieci anni or sono.
I loro movimenti sono stati seguiti e misurati dallo spazio grazie ai dati raccolti dai satelliti. Ci sono segnali che, se la temperatura continuerà a salire, il fenomeno coinvolgerà anche i ghiacci del nord dell'isola.
Qualcosa di simile sta, verosimilmente, accadendo sull'Antartide, mentre lo scioglimento dei ghiacci artici del Polo Nord ha meno impatto sul livello delle acque perché essi sono già immersi nell'acqua.
Nel 2005, la quantità di ghiaccio della Groenlandia che s'è sciolta nell'Oceano è stata due volte e mezza quella del 1996, 54 miglia cubiche contro 22, per citare le misure degli scienziati.
Rignot e Kanagaratnam osservano che i ghiacciai reagiscono con relativa rapidità alle variazioni del clima: è già accaduto in passato, se si pensa che 14mila anni or sono circa, alla fine dell'ultima glaciazione, il livello dell'acqua si alzò di 20 metri in 400 anni, cioè di cinque metri ogni secolo. E' vero che c'era molto più ghiaccio che si scioglieva, ma è anche vero che il ritmo di riscaldamento era inferiore all'attuale.
In un articolo correlato Julian Dowdeswell, dell'Università di Cambridge, scrive che l'unico rimedio sarebbe che nevicasse di più sulla Groenlandia. Ma, perché ciò avvenga, bisognerebbe che il riscaldamento s'arrestasse.
Il commento di Greenpeace - “E’ preoccupante la velocità e il fatto che, trattandosi di ghiacciai terrestri che immettono quindi ingenti quantità di acqua dolce in mare, la densità dell’acqua marina si modifica portando in prospettiva a una possibile alterazione della Corrente del Golfo”. E' quanto afferma in una nota Greenpeace, commentando le ricerche sullo scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia. Secondo l’organizzazione ambientalista, “verrebbero così confermati i rischi di possibili cambiamenti climatici in Gran Bretagna e nella Penisola Scandinava, come previsto da diversi climatologi - afferma Pippo Onufrio, direttore delle campagne dell'associazione ambientalista.
“A livello globale, l’innalzamento del livello del mare sta già mettendo a rischio la vita dei piccoli stati del Pacifico e dell’Oceano Indiano, ma anche in Bangladesh e in altri stati costieri sono milioni le persone che vivono in aree che potrebbero essere colpite da questo fenomeno. Bisogna fare presto, non c’è più tempo da perdere. Se non passeremo dai combustibili fossili alle energie rinnovabili e a un miglioramento dell’efficienza energetica andremo sempre più incontro a fenomeni climatici estremi e all’innalzamento dei mari,” spiega Onufrio.
“Proprio ieri (16 febbraio, ndr) - conclude la nota - si festeggiava il primo compleanno del Protocollo di Kyoto:
Stati Uniti e Australia continuano a ostacolare questo processo, mentre l’Italia, che ha aderito, è in fortissimo ritardo sugli obiettivi del Protocollo. Fioriscono, fortunatamente, le iniziative locali, dal basso, per contrastare il cambiamento climatico: per Greenpeace ognuno deve diventare protagonista di questa battaglia, senza aspettare soluzioni miracolose dall’alto”.
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